domenica 22 giugno 2014

Hysteria-Processor


Il tema della follìa fu caro alla mia adolescenza anche perché ricordo vagamente come quello fu il nome che detti al corso di pensiero che, avendo bisogno di una scusa per sentirmi libero, imboccai sotto l'egida del "non avere paura della morte". Era infatti una sorta di enigma e di sfinge quello per il quale, stando da cani, ero uso a numerose fantasie suicide, ma subito il senso di colpa, il terrore e lo sgomento bloccavano anche quelle. Il figlio dell'uomo non aveva davvero dove sbattere la testa, e fu per l'appunto il pensiero della "follìa" quello che forse per primo mi aprì la sfera della creatività e di un pensiero vagamente sensato. Non avere paura della morte - il pensiero folle - era infatti per me anche e surrettiziamente non avere paura della follìa stessa, lasciando così che il mio inconscio dicesse (o strepitasse, l'istericone) quello che aveva da dire. Su questa falsariga - e sulla mia incipiente sindrome ossessiva compulsiva e/o disformismo psicologico - nascevano poesie come questa.


My Skin

Dry

Sharp Paper

Itching

Through my Sores

Entirely.


Non dirò molto altro. Penso, tutto sommato, che queste piccole illuminazioni epigrafiche siano le poesie più riuscite di quel mio periodo. Nascevano tutte insieme, come un lampo - lampo che a volte ancora io dilaziono su versi e giri più ampi, ipnotico - e come un lampo si inabissavano nel "già scritto", senza che nemmeno io potessi comprendere fino in fondo il perché di quelle parole. Qui in particolare potremmo dire del senso di deformazione del corpo - eternato dall'affastellamento di maiuscole e dalla spezzettatura versale - che disperatamente avevo bisogno di lamentare, non avendone parole; o potrei parlare della carta stessa della scrittura, che si faceva terribilmente sharp proprio per penetrare, timidamente, laddove la mia ragione non arrivava. Potrei forse cercare di fare un'analisi di come la ricorsività domini - ma senza metalinguaggio! - questo autoriferimento sfaldantesi nella oniricità di un grido. Ma non lo farò, se già non l'ho fatto. Poesie come questa, bella o brutta che sia, rimangono per me come icone, di cui altri, ma non io, potrebbero occuparsi.

3 commenti:

  1. immagini chiare, precise, essenziali, parole acuminate che lasciano il segno e trasmettono emozioni e pensieri. A mio modesto parere, le poesie più riuscite sono così (a meno che non si tratti di Montale :)). Complimenti!

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    1. Grazie Eloisina, l'apprezzamento di una persona intelligente come te dà sempre nuova linfa alla bisaccia sempre pericolosamente mezza vuota d'uno scrittorino come me. E soprattutto mi fa tanto piacere che qualcuno ogni tanto legga davvero questo bloggino. Come vorrei essere capace di suscitare più attenzione e partecipazione! La mia massima aspirazione sarebbe che tanta gente venisse e facesse di un blog come questo una cosa tutta sua.
      Il tuo come procede? Recentemente non sono andato, ma dopo vado a vedere se hai aggiunto altre poesie.

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    2. anch'io ho le stesse difficoltà a "far vivere" il mio blog. Secondo me ci possono essere più motivi: il fatto che esistono tantissimi blog, siti, social network, ecc... e quindi l'attenzione delle persone è "sparpagliata" su diversi fronti e per catturarla sarebbero necessarie idee che forse hanno più a che vedere col marketing che con la scrittura. Inoltre in generale non siamo abituati a interagire, quindi la proposta di fare del blog altrui una cosa propria (proposta che ho avanzato anch'io nel mio blog) può cadere nel vuoto non perché non sia valida, ma perché più "complicata" della semplice lettura. Infine, come ti ho detto altre volte, secondo me la filosofia è percepita come qualcosa di lontano e difficile, anche se in realtà è una delle attività principali dell'essere umano...però ammetto che anch'io - per mia ignoranza - fatico a comprendere alcuni tuoi ragionamenti espressi in termini "tecnici"...e questo può rendere più arduo l'approccio a un blog interessante come questo. Ovviamente queste sono solo mie considerazioni, che lasciano il tempo che trovano :) Però fossi in te continuerei a scrivere, a proporre riflessioni e poesie: chissà che quel che semini oggi non possa sbocciare domani!

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