mercoledì 21 maggio 2014

Vicino a casa tua


Oggi vorrei chiedervi: cos'è, per voi, la follia? E' qualcosa di estraneo, incomprensibile, spaventoso, hic sunt leones, da tenere lontano? E' qualcosa che spiate in voi, in certi momenti abissali, un "ospite inquietante"? E' un nome che date a certe vostre ebbrezze, bellissime, che vi fanno sentire come se volaste? E' un mero fatto clinico da neutralizzare farmacologicamente?
A volte, io dico, può anche essere una scusa.
Recentemente ho visto in televisione un reportage su alcuni centri di internamento per criminali giudicati "incapaci di intendere e di volere": gli "ospedali psichiatrici giudiziari". Sì, quelli in cui è andato Marino con un'ispezione a sorpresa a favore di telecamera. Non credevo che situazioni del genere, non dico dall'800, ma per lo meno da Basaglia in poi, potessero continuare a esistere. (escrementi tonaco scrostato gente che urla assassini e ladri di mele letti di contenzione piaghe da decubito sovraffollamento corpi grassi sedati ruggine sbarre sporco nessun tribunale, forse per tutta la vita: oggi, vicino a casa tua.)
Ci sono stato di nuovo male.

Come ha illustrato Foucault nella sua Histoire de la folie, nel '600, in concomitanza con l'alba della "ragione moderna", viene istituita in Francia (e in altre zone d'Europa) la figura giuridica dell'internamento - reclusione forzata in case di lavoro e a volte di tortura che non passa da nessun processo, dato che il responsabile dipende direttamente dal re. Già dopo la metà del secolo a Parigi una discreta percentuale della popolazione è internata. Si internano non solo i "malati di mente" - categoria che in effetti all'epoca non è ancora presente; si internano poveri, gente che dà scandalo, e così via. Foucault cerca di ricostruire come tutta un'immagine di una sragione, esistente in ogni uomo e il cedimento alla quale rappresenta la colpa antisociale par excellence, stia alle spalle di questa aberrazione ai nostri occhi immane. Nella sua ottica, la costruzione, a partire dall'illuminismo, della categoria della "malattia mentale", l'abolizione del "vecchio" internamento e la costruzione di un internamento specifico in ospedali psichiatrici per il neonato "malato di mente", rappresenta allora l'atto finale mediante il quale l'occidente termina di costruire in sè stesso un'immagine astratta di "ragione", esiliando all'esterno, come "altro", con cui nemmeno si può parlare, chi (magari fisiologicamente) si rivela incapace di adattarvisi.
Questo processo oggi è sostanzialmente passato: la "ragione" da motivatore e baluardo di un'etica (imposta come) condivisa, si è fatta blasone e provincia di una casta di accademici o tecnici addetti ai lavori. La gente sempre più la lascia perdere: viene alla luce come la follia rinvenuta nell'altro è sempre stata uno specchio - una proiezione - delle incongruenze e irrazionalità proprie della società stessa: il malato di mente come prodotto sociale - seppure magari già biologicamente predisposto ad essere agevole ricettacolo di questo ruolo. Ma, sebbene quel mondo in cui un simile processo era ancora invisibile e portante sia ormai tramontato, esso, come il Dio di Nietzsche, pare voler continuare a essere agitato come un ombra ancora per molto tempo. Nel più profondo della caverna sociale, dove nemmeno più si vuol "dare l'esempio", ma semplicemente si decompone il cadavere della storia.

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