domenica 27 aprile 2014

Mortal Coils

  

Come avrete già constatato, i miei pseudo-prosimetrini sono sempre introdotti da una breve introduzione autobiografica. L'introduzione autobiografica di oggi sarà: sì, a scuola sono stato davvero male.
Per oggi infatti non intendo aggiungere altro.


Batti e ribatti

fondono carni

sull'Altare-Forgia

della Macchina.


Acque bollenti

spume

ora vermiglie

- scarto del Sacrificio -

scricchiolano gocciolanti.


E già gli scarichi

gemono

questa pressione

che illimita

l'usura.


La diagnosi di un intero sistema paese si esplica qui come immagine terrea e perentoria. C'è, io credo, un innegabile legame fra l'estrema sofferenza, la visionarietà e la capacità profetica: in tutti i casi si tratta di sentire le cose molto profondamente - eventualmente poi balbettandole, senza ovviamente capire. Questa è, io credo, la grande risorsa dell'arte moderna: la forma si fa grido, compiutamente soggettivo, scavando così nel disagio e cercando di definirsi come verità, invece che nella sua rappresentazione. Di qui, peraltro, la tensione tutta tipicamente moderna dell'opera d'arte verso il "dire sè stessa" (che altri poveri di spirito in filosofia cercheranno di spazzare sotto il tappeto come "metalinguaggi" o spazzatura del genere).
Che altro dire? Le immagini di sofferenza, quando sono depurate della sofferenza stessa e si stagliano nitide contro il cielo di una pagina, di una tela, possono essere molto gioiose. Si tratta del puro piacere dell'espressione, che può emergere solo nell'estremo, e che smarrisce finalmente l'"io penso" di stocazzo per essere puramente soggetto che (si) parla.
Questo povero frammentino qui sopra non intuisce forse granché di tutto questo. Ma mi piace evocare qui, sul filo di una scrittura nervosa, ciò che io oggi, affettuosamente, vi posso vedere. Anche questo, in fondo, è amore.

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